News/Approfondimenti > 13 giugno 2007

Nella provincia dirigenti ingessati dall'autonomia. Risorse

Analisi della management school

Discretamente preparata, apprezzata e affidabile. Ma anche prudente, invidiosa e avversa al rischio. Questo il ritratto della classe dirigente economica e imprenditoriale trentina secondo il rapporto ''Lo sviluppo come responsabilità diffusa'' per la tsm-Trentino School of management, presentato nei giorni del Festival dell’economia di Trento ed edito da FrancoAngeli.

L'analisi ha coinvolto 292 dirigenti della classe economica (associazioni, banche e imprese) su un totale di 800 nominativi dirigenziali legati a istituzioni, università, Pubblica amministrazione e mass media. Il risultato è uno spaccato di una classe apprezzata, e spesso assunta a modello, che però mostra limiti e contraddizioni.
Il punto cruciale è l’ampia presenza nel settore pubblico, anche in economia. Ne consegue un sistema a vocazione assistenziale, dove gli imprenditori si presentano al confronto con la politica con disegni poco originali ma disposti, dice il rapporto “a tirare la giacca al potere politico per soddisfazioni legate alla propria convenienza”. Una classe che, commenta Mario Balzarini, vicepresidente di Confindustria Trento e presidente della sezione metalmeccanica: “Non può muoversi con le stesse cadenze e rapidità con cui ci si muove altrove perché limitata sulla capacità di fare lobby, sull'intervenire sulle decisioni che contano”.

Ma non è solo la Provincia “chioccia” a scoraggiare l'intraprendenza. La classe dirigente economica trentina sembra avere scarsi leader e poche persone pronte a rischiare. E’ poco permeabile alle idee dei giovani e troppo “trentinocentrica”, causa un insufficiente confronto con il mercato globale (dovuto a un gap culturale e a una scarsa conoscenza delle lingue). C’è poi la frammentazione, l'autonomia del campanile e la mancanza di coesione.

Un'immagine poco brillante che, per Fabio Ramus direttore di Confindustria Trento: “Non rende giustizia alle peculiarità dell’industria locale, a un comparto che si è dimostrato complessivamente solido e che ha conseguito positivi risultati in questi ultimi anni”.

L'analisi riporta però anche casi di successo: industriali che sono andati fuori provincia a investire e veicoli di investimento collettivo (Isa, Finanziaria trentina, Fondazione Caritro e altri strumenti costruiti con le banche) che hanno portato una parte dell'imprenditoria trentina a giocare in partite nazionali, anche con ruoli di rilievo come nel caso dell'energia (dove la partita è però gestita in modo pubblico).

Ma se nel nazionale si scovano livelli di dirigenza competitiva è nei confronti dell'estero che lo spaesamento imprenditoriale diventa grande. Sono infatti i manager dei grandi consorzi i leader dell'internazionalizzazione. Mentre gli imprenditori sembrano impigliati nelle strette maglie tessute dal sistema cooperativo la cui mission, però, è più legata a tutelare il consumatore e la famiglia che a favorire lo sviluppo economico. Altrove, compito delle imprese.


Il campione

La ricerca ha coinvolto 292 dirigenti della classe economica (banche, associazioni e imprese) su 800 nominativi legati a istituzioni, PA, università e mass media.

Il punto critico. L'ampia presenza del settore pubblico disegna un sistema a assistenziale.

Leadership. La classe dirigente risulta poco permeabile alle idee dei giovani e troppo ''trentinocentrica'', con un insufficiente confronto col mercato globale.
Casi di successo. Gli investimenti fuori provincia di alcuni industriali e i veicoli di investimento collettivo.

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