News/Approfondimenti > 14 novembre 2013

Fermarsi a guardare, accorgersi del mondo

Corriere del Trentino, 14 novembre

di Ugo Morelli

La step-Scuola per il governo del territorio e del paesaggio con gli allievi della prima edizione del Master in World Natural Heritage Management organizza il prossimo 15 novembre la quinta edizione del convegno annuale “Dolomiti” dedicato quest’anno al tema “Progettare Paesaggi”. 

Da quando l’accreditamento UNESCO ha dato alle Dolomiti un valore universale, generando l’esigenza di condividere scelte e decisioni per la loro valorizzazione ad una scala più ampia di quella dei singoli luoghi e delle singole comunità, è evidente la necessità di creare una cultura in grado di governare le scelte individuali e collettive per progettare i paesaggi del futuro. 

Il paesaggio è percezione e azione responsabile. Una via privilegiata per la libertà individuale e collettiva è l’autoeducazione all’estetica e alla vivibilità degli spazi della nostra vita. Condizione per l’affermazione di questa prospettiva è il riconoscimento della necessità di una traduzione necessaria tra le diverse interpretazioni storiche del paesaggio e i diversi approcci con cui il paesaggio, l’ambiente e il territorio sono stati e sono considerati.

Si pone quindi un problema di traduzione in quanto i linguaggi specialistici, mentre consentono focalizzazioni conoscitive e supporto all’azione tecnica, rappresentano allo stesso tempo un vincolo a conoscere e ad agire in maniera integrata per la tutela e la valorizzazione. Da un certo punto di vista la traduzione è sempre stata necessaria, ma lo diventa in particolare nel momento in cui l’approccio al paesaggio, da una prospettiva formale, esteriorizzante e solo percettiva, si connette strettamente alla vivibilità, implicando una profonda trasformazione delle idee e dei progetti con cui si interviene in esso. Alla base di questa trasformazione vi è proprio il problema della vivibilità. 

In questi anni scopriamo, infatti, di essere la specie che non solo abita pervasivamente lo spazio, ma continua a farlo con la presunzione di essere “sopra le parti”, stentando vistosamente a riconoscere di essere ineluttabilmente nel sistema vivente “parte del tutto”. Le trasformazioni cognitive e affettive implicate da questo cambiamento sono enormi e altrettanto tenaci si mostrano le resistenze a cambiare idea e comportamenti riguardo al paesaggio, all’ambiente e al territorio.

La prima grande esigenza di traduzione, quindi, è relativa proprio alla questione della vivibilità. La progettazione paesaggistica, lungi dall’assumere una prospettiva residuale, di contorno, di sfondo e connessa solo a problematiche di ordine percettivo e formale, dovrebbe divenire appannaggio di un approccio multidisciplinare e, forse, neodisciplinare, capace di includere la biologia dei sistemi viventi, le neuroscienze cognitive, la geologia, l’architettura, l’ingegneria, l’agronomia, l’economia e altre discipline.

Oggi evidente che tra i linguaggi specialistici di queste discipline si pone un problema di traduzione. Al centro del problema vi sta forse la costatazione elementare della rilevanza estetica del paesaggio e, quindi, il riconoscimento della struttura sensibile, della connessione di legame tra i sistemi viventi e la loro ecologia, e in particolare, della specie umana e della sua collocazione sul pianeta Terra. In questa prospettiva la trasformazione dei luoghi in paesaggio rappresenta il riferimento dell’analisi e della progettazione: anche in questo caso, infatti, si tratta di una questione di traduzione. Ognuno di noi nella propria esperienza sviluppa una trasformazione dei luoghi in paesaggio e costruisce un suo orientamento alla vivibilità. In quell’unità elementare che è la traduzione trasformatrice, risiede, forse, il principale riferimento della progettazione paesaggistica e di qualunque progettazione partecipata.

Il lavoro di ricerca e applicazione che la Provincia autonoma di Trento sta svolgendo attraverso la step con gli amministratori locali, con gli ordini professionali, con le scuole e con la popolazione mira a creare le condizioni perché il processo di traduzione prima considerato, con le sue molteplici implicazioni, possa affermarsi attraverso percorsi di apprendimento che pongono al centro l’ipotesi che l’estetica del paesaggio e della vivibilità non siano un lusso per civiltà che vogliono considerarsi avanzate, ma siano una necessità: in loro assenza l’intelligenza creativa e una progettualità responsabile appassiscono e muoiono. 


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