News/Approfondimenti > 10 novembre 2015

Lo spazio pubblico ristretto

Corriere del Trentino

In principio era l'agorà. Il cuore della polis, il centro economico, religioso, politico. Un'eredità trasmessa nei secoli, moltiplicatasi nelle piazze fino all'alba dell'età moderna. E oggi? «Lo spazio pubblico si è ristretto» sostiene il filosofo e saggista roveretano Franco Rella. Il luogo simbolico delle libertà civili, dove si forgia l'esercizio dello stare insieme, sembra essersi atrofizzato, come scriveva Zygmunt Bauman una decina d'anni fa. Di certo la sua fruizione è sempre meno univoca, e per restituirne la dinamicità occorrono linguaggi multidisciplinari. E per questo che durante il nono ciclo di incontri «Progetto_paesaggio», organizzato dalla scuola per il governo del territorio e del paesaggio (Step), si confronteranno architetti, urbanisti, sociologi e filosofi: per «indagare la complessa realtà dello spazio collettivo unitamente alle strategie e agli strumenti legati alla sua evoluzione». Si comincia domani alle 17, nell'aula magna della Trentino school of management in via Giusti. A dialogare sull'evoluzione contemporanea degli spazi collettivi all'interno delle città, ma anche sul ruolo di progettisti e tecnici nel nuovo scenario di trasformazione urbana e sociale, ci saranno Alberto Winterle, già presidente dell'Ordine degli architetti trentini, il sociologo dell'università di Trento Andrea Mubi Brighenti e il filosofo Franco Rella. E lui a spiegarci come, dal suo punto di vista, l'idea di spazio pubblico si sia appannata nel tempo fino a diventare oggi qualcosa di «aleatorio», testimone del cambiamento dei tempi. Rella, così come il tessuto urbano di cui è elemento strutturante, anche il concetto di spazio pubblico ha subito un'evoluzione nel corso del tempo. «Lo spazio pubblico elettivo è quello dell'agorà greca, dove Socrate giungeva girando per la città e interrogando le persone, dove sviluppava il suo pensiero e la filosofia. Un'idea che ha trovato cittadinanza anche nelle piazze dei comuni italiani ed europei per molti secoli ed è venuta ad appannarsi, poi, nella città moderna metropolitana.


Già con Edgar Alla Poe e il suo L'uomo della folla non esiste più lo spazio pubblico: il protagonista, seduto in un caffè in una delle vie più trafficate di Londra, rimane colpito da un passante che gira come in preda a una sorta di furore. In realtà continua senza sosta a mescolarsi nella folla, come se questa diventasse una tana in cui nascondersi. E L'uomo senza qualità di Musil sta alla finestra e conta le macchine che passano facendoci calcoli matematici». La corrosione dello spazio pubblico, dunque, sembra progressiva. «A segnalarla è stato Marc Auge, che teorizzando i nonluoghi all'inizio degli anni Novanta ha parlato dei luoghi pubblici odierni, privi di ogni personalità o qualità, indistinguibili, dagli aeroporti ai grandi centri commerciali: ma si può considerare uno spazio pubblico quello in cui la gente passeggia senza nemmeno incrociare gli sguardi? Lo spazio pubblico si è ristretto, anche se ogni tanto riemerge, in modo curioso». A cosa si riferisce? «Mentre ero in vacanza a Massa Marittima ho notato che periodicamente, in un querceto, cinque o sei uomini arrivavano, chi in motorino, chi in bicicletta, e si fermavano a parlare, come si faceva una volta nelle piazze dei nostri paesi. Mentre a Trento gli spazi pubblici non solo sono aleatori, ma cambiano continuamente: si individua una piazza, ma poi arrivano i migranti o gli spacciatori e questa cessa di essere uno spazio pubblico, che si sposta altrove». Come cambia l'idea spaziale chiamata a rispondere alle nuove sollecitazioni dell'ordine politico e sociale moderno? «A Rovereto dal Trecento in poi in ogni secolo si è realizzata una piazza, salvo che nel ventesimo. Oggi si preparano spazi pubblici che non sono tali, penso ai mercatini di Natale. Il loro affollamento testimonia il bisogno di aggregarsi della gente, ma lo spazio per cui questo possa avvenire senza camminare davanti a vetrine o casette mi pare non ci sia». Le piazze virtuali hanno influito sulla contrazione dello spazio pubblico contemporaneo? «Si potrebbe dire di sì, ma in quelle

piazze si entra con un nickname, non si riesce mai a capire il tasso di sincerità con cui ognuno si espone. Manca l'equilibrio che nasce da un rapporto faccia a faccia con le persone, senza contare poi la quantità di aggressività e violenza che si protegge dietro l'anonimato. Non mi pare si tratti della rinascita dell'agorà greca o della piazza medievale». Quali potrebbero essere le conseguenze della dissoluzione dello spazio pubblico? «E difficile valutare i grandi processi di cambiamento quando ci si è immersi. Bauman ha inventato la società liquida, ma già Marx nel 1848 parlava di ''società gassosa'' in riferimento alla borghesia che sconfiggeva gli ultimi residui feudali. Ora, con le migrazioni, siamo di nuovo davanti a un grande cambiamento. L'importante è guardarlo con occhi aperti, cercando di salvaguardare alcuni valori di fondo: i diritti umani, l'individualità, il pluralismo».

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