News/Approfondimenti > 24 febbraio 2015

Moratti: «Necessario investire nel welfare»

Corriere del Trentino

L'ex ministro: le imprese sociali rappresentano il 5 per cento del Pil

Trento «Si stima che nei prossimi anni in Italia la differenza tra domanda e offerta di servizi pubblici legati al welfare
varrà 70 miliardi di euro». La previsione avanzata ieri da Letizia Moratti è allettante per chiunque avesse in mente di
avvicinarsi al mondo dell'impresa sociale. Intervenendo all'apertura dell'Executive master in creazione di business
sostenibile organizzato dalla Trentino school of management, dall'università di Trento e dal Center for business in
society, l'ex ministro dell'istruzione ha spiegato che «investire nel settore delle imprese non profit non è solo utile ma
addirittura necessario». «Attualmente le imprese sociali in Europa valgono il 10 per cento del Prodotto interno lordo e
danno lavoro a 14 milioni di persone, mentre in Italia sono oltre 400.000 per un valore che equivale al 5 per cento del
Pil» ha aggiunto Moratti, immaginando un futuro in cui «governo e aziende si affiancheranno per rispondere a bisogni
sociali sempre crescenti». Tuttavia in quello stesso futuro il valore del Pil potrebbe non rappresentare più un metro di
giudizio attendibile per valutare lo stato di salute di un Paese. «Da qualche tempo in Francia è nato il movimento per
l'economia positiva -spiega l'ex ministro --. Il suo cuore è quello di essere utili per le generazioni future, definendo per i
Paesi, le imprese e i territori, degli indici che vadano oltre il Pil». Nel caso delle nazioni è stato fissato un «indice di
positività» che «guarda al benessere di persone e territori», un sistema di valutazione che secondo Moratti «dovrebbe
affiancarsi o sostituire il Pil, che non calcola ciò che migliora la qualità della vita». Trattandosi di imprese il ricavo deve
pur sempre esserci, ma la proposta è quella di modificare il modo in cui produrlo. Moratti ha quindi illustrato alcuni
strumenti nati per aiutare a procedere sul doppio fronte, come la «London social stock exchange, una vera e propria
borsa dove le imprese non profit vengono quotate», oppure i «social impact bond, delle obbligazioni garantite dallo Stato
che in base al successo degli investimenti sociali hanno dei ritorni». Sul fronte legislativo l'ex ministro ha invece
ricordato «la legge Fabius, conosciuta anche come 90/10», che in Francia «obbliga a investire il 10 per cento nel sociale
e che ha portato oltre 3 miliardi di euro alle imprese sociali» e che secondo i dati a disposizione «se venisse applicata in
Italia ne garantirebbe oltre 60». Ma il nostro Paese non è fermo al palo. «In Parlamento si sta discutendo un disegno di
legge che modifica la legge 155, quella che regola le imprese sociali -- spiega --. E una norma che non ha funzionato
perché pone troppi limiti agli imprenditori del mondo profit che vogliono collaborare con il non profit, esponendoci al
rischio che se ne vadano».
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