Le professioni culturali: formazione e prospettive
Il 21 gennaio si è svolto a Rovereto il convegno ‘Master incontra Master’. Un incontro pensato per mettere a confronto l’alta formazione nel campo delle professioni culturali. Abbiamo chiesto a due docenti intervenuti di fare il punto con noi sulla situazione. Cominciamo con Ugo Morelli, Direttore del Master in Art and Culture Management della Trento School of Management…
Iniziamo proprio dal convegno Master incontra Master. Quale panorama si è delineato dal confronto tra docenti e allievi dei maggiori master culturali italiani?
Un panorama disorganico, con diverse centrature dal classico general management a tentativi di specializzazione verso lo spettacolo, verso la psicologia dell’arte o con un’attenzione agli eventi e alla loro organizzazione. E’ ancora carente una teoria appropriata dell’economia e del management applicate al simbolico e all’arte e alla cultura. Verso questo obiettivo si muove il Master of Art and Culture Management di Trento School of Management.
Com’è cambiato, secondo lei, l’universo dei beni culturali negli ultimi anni e, di conseguenza, quali sono le figure professionali di cui necessita?
La dematerializzazione e l’avvento dell’economia e della società del simbolico hanno generato un cambiamento radicale che si combina con i nuovi dispositivi normativi. Sia dal lato della domanda che dell’organizzazione delle istituzioni e degli eventi dell’arte e della cultura emerge una esigenza di competenze che non si identificano più con la sola conservazione, né possono essere ricondotte al mero trasferimento delle logiche gestionali industriali, peraltro in crisi, a questo settore. Le aree di professionalità di maggiore rilievo divengono perciò la progettazione innovativa, la cura, la comunicazione, la promozione e l’educazione, la creazione di reti di valorizzazione.
Che caratteristiche deve avere il “manager della cultura” oggi? Che formazione ha e che skill dovrebbe acquisire?
Un elevato livello di metacompetenze e di fondamenti culturali sono necessari per ogni professione manageriale in questo campo. L’umanesimo manageriale è una via da privilegiare. Accanto a questo fondamento sono decisive le conoscenze e le skills relative alla fruizione e ai suoi aspetti affettivi e cognitivi, così come una elevata capacità nel campo della comunicazione reale e virtuale per lo sviluppo della fruizione dell’arte e della cultura. Le competenze di organizing risultano altrettanto decisive, in particolare per quanto riguarda la creazione di settino organizzativi adatti all’arte e alla cultura.
Quali sono le reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro per un manager di questo particolare tipo?
Le possibilità di inserimento sono legate all’impegno a creare collegamenti tra una domanda di competenze innovative proveniente dalle istituzioni, non ancora del tutto esplicita e l’impegno ad avvicinare la conoscenza scientifica all’applicazione situata, senza banalizzarla. Il ruolo dell’alta formazione sta nell’alzare il livello della ricerca e della qualità dei metodi formativi per potenziare il riconoscimento delle nuove competenze proposte.
La formazione in questo campo, nella specifica forma del Master, risulta davvero efficace? Oppure l’esperienza sul campo resta l’unica forma di training possibile?
Non si tratta di un aut aut ma di un et et costruito aprendo l’aula alla ricerca e alla prospettiva dei laboratori, nonché ad un intenso dialogo con le istituzioni e gli eventi di settore, mentre si valorizzano gli inserimenti in stage con la più attenta preparazione e tutorship interna ai luoghi di lavoro. E’l’equilibrio tra apprendimento per immersione e per astrazione che va valorizzato.
Che percentuale di “masterizzati” riesce ad inserirsi nel mondo del lavoro?
Non si può ancora esprimere un dato preciso su questo punto ma si tratta di una percentuale vicina al totale dei partecipanti dopo un anno circa dalla conclusione del Master. Le forme contrattuali, come in ogni altro settore, sono le più diverse. Le esperienze lavorative di chi ha competenze per lavorare nell’economia del simbolico e nell’arte e la cultura non si limitano al settore specifico ma si estendono anche ad altri settori in cui la cura e la gestione degli assets immateriali è decisiva.
Questo numero della rivista si concentra sulle “nuove professioni”. Esistono professionalità inedite nel campo dell’industria culturale?
E’ sempre importante non chiamare cose vecchie con nomi nuovi, ma due ambiti professionali sono significativamente innovativi: il network management che lavora alla creazione di eventi e iniziative creando reti tra soggetti e istituzioni diverse; la progettazione e gestione face to face e virtuale di programmi di fruizione basati su strategie educative e di avvicinamento all’arte e alla cultura.
Ugo Morelli è Direttore del Master in Art and Culture Management della Trento School of Management, componente del Comitato Scientifico, Direttore di progetti e docente di Scienze Organizzative presso la TSM. E’ stato per vent’anni Responsabile Scientifico dell’attività formativa dell’Accademia di Commercio e Turismo di Trento. Sviluppa programmi di ricerca sull’apprendimento, il lavoro organizzato e i conflitti.
Il Convegno è stato organizzato dall’Associazione Culturale .MAC, nata nell’aprile 2004. Soci fondatori sono venticinque giovani laureati in molteplici ambiti disciplinari nonché provenienti da tutto il territorio italiano, accomunati dalla partecipazione al primo Master in Art and Culture Management della Trento School of Management.