News/Approfondimenti > 10 luglio 2007

Stipendio in base ai risultati? Solo per i manager lombardi. Regione per regione, così è fallita la meritocrazia.

Rapporto sui sistemi di valutazione dei dirigenti pubblici. Basilicata e Puglia agli ultimi posti.

ROMA. Le regioni, si sa, non sono tutte uguali: lo si vede anche dal numero di dirigenti che assumono, da come li pagano, da come ne valutano il lavoro. Le differenze sono tante, ampie, nient’affatto giustificate e incidono notevolmente sui costi e sui bilanci delle amministrazioni.

Il Lazio, per esempio, ha una percentuale di dirigenti quasi doppia rispetto alla media nazionale; la Lombardia è una delle poche amministrazioni che lega una parte significativa dello stipendio ai risultati ottenuti, ma la gran parte delle regioni – sotto questo profilo – «rischia» pochissimo.

Basilicata e Puglia, per esempio, non tengono affatto conto dei progressi realizzati e, in busta paga, fra il dirigente che s’impegna e quello che lascia correre non c’è nemmeno un euro di differenza. Quanto alla valutazione del lavoro svolto, i criteri usati sono altamente divergenti e – quel che conta – autoreferenziali: quasi sempre la categoria finisce per darsi i voti da sola. Il paese dunque è quanto mai spezzettato: a tale conclusione è arrivato uno studio elaborato dalla “Trentino School of management” che nel «Rapporto sui sistemi di valutazione della dirigenza nelle regioni e nelle province autonome», delinea, per la prima volta, un quadro sullo stato delle cose (anche se la Sicilia, una delle aree più critiche, non ha fornito dati).

I manager pubblici sono in media il 7,28 per cento del totale dei dipendenti; pesano per il 19,86 per cento sul costo complessivo del personale dell’amministrazione e guadagnano 78.284 euro l’anno. La categoria,va detto, è in lento, ma costante calo: i dirigenti, negli ultimi tre anni, hanno avuto una flessione del 2,4 per cento. Questi, appunto, i «dati standard», poi ci sono gli scostamenti: per quanto riguarda il rapporto dirigenti-dipendenti, le regioni del Nord sono in linea con i valori medi, ma nel Lazio la presenza schizza al 13,46 per cento. Il Sud ha punte alte (il Molise con il 9,37, che diventa prima nel rapporto dirigenti-cittadini), ma anche regioni nettamente al di sotto dello standard (Calabria e Puglia). Quanto agli stipendi, al di là dei 78 mila euro medi, Lazio, Molise e Lombardia superano gli 85 mila. In Liguria, Puglia e Veneto la busta paga dei dirigenti sta sotto ai 70 mila euro. Ma se la Lombardia distribuisce gli stipendi più alti, va anche detto che le sue amministrazioni sono quelle che danno maggiore importanza al merito con un’indennità di risultato pari a1 24%. Le altre regioni hanno tutte quote più basse. «Troppe differenze, del tutto ingiustificate» commenta Mauro Marcantoni, direttore della Trentino School e autore della ricerca assieme a Vincenzo Veneziano del Formez. «Dietro queste divergenze, che hanno un importante peso sui costi, spesso non vi sono valide motivazioni, ma solo gestioni del personale più o meno permissive». Quanto alla misurazione delle capacità «il sistema non è omogeneo» osserva lo studio «e il fatto che se ne occupi la dirigenza stessa o organismi di staff fa sì che si tenda ad appiattire le valutazioni verso l’alto». Sta arrivando il federalismo fiscale, ma molto resta da fare.

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