News/Approfondimenti > 16 giugno 2007

Scienza, la filosofia allo specchio

Le scoperte di Vittorio Gallese al centro del seminario al Mart

ROVERETO – Potremmo cominciare col dire che le scienze cosiddette esatte, alla tavola rotonda dei saperi, hanno trovato un punto di contatto con le scienze umane. Potremmo cominciare, ancora, col dire che la filosofia (una certa parte della filosofia novecentesca) si è spinta oltre nelle sue elucubrazioni e che la scienza (una certa parte della ricerca neuroscientifica contemporanea) si è prodigata per darle ragione a suon di esperimenti. O potremmo cominciare dall’inizio, quando sui primi “degli anni Novanta – racconta il neuroscienziato Vittorio Gallese – io e il mio gruppo di ricerca dell’Università di Parma ci imbattemmo quasi per caso in una scoperta eccezionale”.

Mai sentito parlare di neuroni a specchio? Termine sgarbatamente scientifico e insieme suggestivo, individua un tipo particolare di neuroni, individuati inizialmente nell'area F5 del cervello, distribuiti in entrambi gli emisferi cerebrali fra cui la corteccia premotoria e quella parietale. Che significa? “Stavamo studiando – continua Gallese – quella parte del cervello deputata ai movimenti della mano e della bocca, per capire come i comandi per eseguire determinate azioni si traducessero in scariche di neuroni. A questo scopo, registravamo l’attività dei singoli neuroni nel cervello dei macachi”.

Con apposite apparecchiature, l'èquipe di studiosi monitorava l’attivazione di gruppi distinti di neuroni a seconda che le scimmie compissero o meno determinate azioni, come per esempio l’afferrare un giocattolo o brandire del cibo. “A un certo punto, però, notammo qualche cosa di strano”. Ma cosa poteva meravigliare uno scienziato. abituato per professione a stupirsi? “Notammo che quando uno di noi afferrava del cibo – riprende Gallese – i neuroni della scimmia si attivavano esattamente come se fosse stata lei a compiere l’azione”. Subito vennero eseguite alcune verifiche. Ed esclusa l’influenza di fattori casuali e trascurabili. “Capimmo allora – conclude – che lo schema di attività dei neuroni attivato dalla scimmia per osservare l’azione era il medesimo che la scimmia avrebbe attivato nel caso in cui fosse stata essa stessa a compiere quell’azione. Gallese e i suoi avevano scoperto qualcosa di grande. I neuroni specchio. Che “decidemmo di chiamare così perché essi sembravano riflettere direttamente nel cervello dell'osservatore le azioni eseguite da altri”.

Per parlare al pubblico sulle nuove frontiere della neuroscienza, Gallese è a Rovereto oggi pomeriggio, ospite del seminario dedicato a Giorgio Prodi, dal titolo Nel segno degli altri propriamente altrui. Promosso dagli studenti del Master of art and culture management di tsm-Trentino school of management, il convegno è iniziato mercoledì con la presentazione della quinta edizione di Mart Mac – il Master of art and culture management – e con la discussione su Natura e cultura: origini del linguaggio e della mente estetica tra scienza ed esperienza. Per la mattinata di oggi è in programma il primo dei due forum sul tema delle Neuroscienze e teatro: la percezione dell'altro nell'esperienza estetica. Mentre il forum pomeridiano si interrogherà sulle Origini del linguaggio e poesia: il valore etico dell'interpretazione di senso. Alcune questioni in particolare, simili a interrogativi sul destino dell'homo tecnologicus, legano le diverse sessioni del seminario. “Ci interroghiamo – spiega Ugo Morelli, direttore del Master of art and culture management – sul significato dell'arte, dell'esperienza artistica, dell'esperienza estetica mentale. Vogliamo chiederci a cosa serva l'arte, oggi, e in quale rapporto stia con l'economia, la psicologia, la filosofia e le neuroscienze”.

Certo, le neuroscienze. Il gruppo di scienziati di Gallese e i neuroni specchio. Tutto il sapere del mondo sembra essere confluito, nella seconda metà del '900, alla medesima strozzatura. Come un enorme uncino a forma di punto interrogativo, il XXI secolo raschia sul fondo della botte più antica, quella del significato di senso da attribuire alle cose e a noi stessi prima di tutto. Ognuna delle discipline, dall'arte alla scienza alla filosofïa, è tenuta a bacchetta dallo stesso quesito. Quale interpretazione di senso? Complessità, il titolo del seminario, non dimentica che oramai, per saperne di più, occorre un dialogo aperto tra le mille voci del sapere. Il mondo delle scienze umane e il mondo delle scienze fisiche non possono essere muti tra di loro. Gallese, dopo aver provato che quanto accade nelle scimmie accade tale e quale negli uomini, ha scoperto che i “neuroni specchio forniscono all'individuo una interpretazione diretta delle azioni altrui”. E quindi una diretta comprensione nella mente dell'osservatore di ciò che altri stanno facendo.

“Certo, quando abbiamo scoperto i neuroni specchio – afferma Gallese – non intendevamo confermare alcuna teoria filosofïca!”. E invece, velatamente, indirettamente, è accaduto proprio così. “I filosofi della scuola fenomenologica – precisa – sostengono da tempo che per comprendere profondamente qualcosa dobbiamo poter sperimentare quella cosa dentro di noi”. Col termine fenomenologia si intendono, in filosofia, diversi modelli di pensiero; di diversi autori e diverse epoche, che possono sommariamente ricondursi alla fenomenologia di Hegel, degli inizi dell'800, a quella di Edmund Husserl, della prima metà del '900, e a quella di Martin Heidegger, di poco successiva all’opera husserliana. Gallese fa riferimento nel suo caso a certi esiti delle correnti novecentesche. “Diciamo che le nostre scoperte – specifica – sono servite da sponda empirica a questo tipo di filosofïa”. Che in questo spazio del sapere, collocato chissà dove tra scienza e filosofia, il filosofo e lo scienziato sappiano dialogare?

“Eccome – risponde Gallese – Le scienze umane e le scienze del cervello trovano qui un terreno di scambio dove sviluppare un linguaggio comune. Nelle nostre ricerche siamo fortemente impegnati a trovare un punto di incontro dove le varie discipline, unite dall'obiettivo comune di capire chi siamo, possano comprendersi in un discorso comune”. E l'arte non fa eccezione. Anch'essa chiamata a confrontarsi a questa tavola rotonda. “I meccanismi che abbiamo studiato – dice Gallese con riferimento ai neuroni a specchio – funzionano, oltre che nell'ambito delle azioni, anche in quelli delle emozioni e delle sensazioni”. Si tratta di un “meccanismo a tutto campo” che si attiva anche quando leggiamo un libro, guardiamo un'opera d'arte, assistiamo a una pièce teatrale. Alla tavola rotonda dei saperi, dunque, sono invitate tutte le arti e le discipline.

Ma ogni cosa pare potersi ricondurre alla mente, alla “materia della mente”, come l'aveva definita il premio Nobel Gerald Edelman, nel titolo del suo libro sulla rivoluzione delle neuroscienze. “Se si considera – scriveva – che senza la mente non si possono formulare domande e che una solida dimostrazione di una mente senza un corpo non è mai stata data, non occorre difendere l'importanza del tema qui trattato”. La mente umana muove i fili del confronto. Le nostre azioni, le nostre intenzioni, i nostri fïni. “I meccanismi di rispecchiamento che abbiamo individuato nei neuroni specchio – conclude Gallese – sono ingredienti essenziali della soggettività dell'uomo”. Dall'attività dell'esercizio del pensiero di memoria presocratica è nata la filosofia. Dall'esercizio della ragione di memoria illuminista sono nate scienza e tecnica. Per misurarci, oggi, in un dialogo fra la prima e le seconde, non resta che rimettersi, una volta di più, alla mente. Pur sapendo che il più tenace degli evoluzionisti nutriva sul punto un certo pessimismo: “La mente umana, ne sono del tutto convinto, si è sviluppata da una mente inferiore come quella posseduta dal più infimo animale. Ma allora emerge il dubbio: si può accordarle fiducia quando trae queste grandiose conclusioni?”.

Charles Darwin, Londra, 1859.

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