News/Approfondimenti > 18 luglio 2007

La sfida è l’omogeneizzazione delle valutazioni.

“L’ordinamento giuridico prevede ormai da un decennio che Regioni e province si dotino di sistemi di valutazione, eppure molte realtà sono ancora ancorate a uno stadio iniziale semplificato. Sulla carta, a livello normativo, il traguardo è stato raggiunto; quello che bisogna fare ora è dare concreta applicazione alla riforma, affinando la cultura della valutazione e i suoi strumenti”.

E’ una sfida da raccogliere con grande determinazione, quella lanciata da Mauro Marcantoni, giornalista e sociologo trentino, autore con Vincenzo Veneziano del primo Rapporto sui sistemi di valutazione della dirigenza pubblica nelle Regioni e Province autonome. “Il percorso – anticipa Marcantoni – non sarà facile perché si tratta di ammodernare la Pubblica amministrazione e creare un nuovo senso civico per incoraggiare questo percorso”.

Il sistema presenta ancora molte criticità e, purtroppo, poche eccellenze. Il Nord Italia e in particolare il Nord-Est, rispetto alle Regioni meridionali, partono tuttavia con una marcia in più, perché in questi anni hanno saputo strutturarsi internamente per applicare e gestire al meglio i processi valutativi, quali strumenti in grado di dare forte credibilità alle amministrazioni. Quello che serve ora, però, è un ulteriore passo in avanti, verso un maggiore controllo di gestione e l’implementazione del sistema, tramite informatizzazione, per monitorare ed elaborare un numero sempre più alto di variabili.
“Molti dati raccolti – spiega Marcantoni – sono ancora intuitivi e difficilmente comparabili, perché si tratta di realtà diverse in cui è difficile individuare buone pratiche da condividere”. Basta pensare a Bolzano, che pure si è piazzata in cima alla lista nella gestione della valutazione del management pubblico. “La Provincia altoatesina – precisa il sociologo che è anche direttore della Trentino School of management – ha adottato un sistema strano, per molti versi primordiale: efficiente, ma pragmatico. I dirigenti sono valutati da un nucleo interno e la classe comprende anche i capi ufficio. Difficile però fare paragoni tra questa realtà ed altre, nonostante il suo indubbio funzionamento”. Difficile anche esportarlo, poiché le condizioni in cui il “modello” dovrebbe essere replicato sono quasi sicuramente molto diverse da quelle in cui si è dimostrato efficiente.

Facile invece sintetizzare le falle del sistema. E su questo fronte, per migliorare la PA, bisogna ancora fare molto. “Il primo obiettivo da raggiungere – dice Marcantoni – è costruire degli indicatori in grado di cogliere aspetti qualitativi della dirigenza: le Regioni hanno infatti competenze governative spiccate ma non sono ancora in grado di trasferirle in indici di risultato misurabili”. Poi, bisogna imparare a usare in modo appropriato questi indicatori. “C’è un generale e diffuso allineamento verso l’alto dei giudizi e un appiattimento dei valori che non favorisce certo il miglioramento continuo” aggiunge Marcantoni. In pratica, il sistema non sembra capace di valorizzare a dovere i comportamenti virtuosi e penalizzare inefficienze e disservizi. “Infine è necessario supportare il processo con l’informazione non solo dall’interno ma anche dall’esterno – conclude – . Purtroppo oggi la tendenza è soprattutto quella di usare indicatori autoreferenziali”.

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