News/Approfondimenti > 21 maggio 2013

Iacono e la storicità della conoscenza

Corriere del Trentino, 21 maggio

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di Ugo Morelli 


Che la realtà esista prima che noi veniamo al mondo pare proprio un dato di fatto. Se però ci chiediamo come la conosciamo e come accediamo ad essa, allora le cose si complicano. Scopriamo che conoscere noi stessi e i mondi della nostra vita è parte dello stesso processo. Facciamo parte del mondo, dei suoi paesaggi, delle sue manifestazioni. Non siamo sopra le parti pur essendo distinti dal resto del vivente. Uno studioso che ci ha aiutato e tuttora ci aiuta a ridefinire il nostro rapporto con la conoscenza è Alfonso M. Iacono, con un libro, tra gli altri, che ora esce in una nuova edizione: L’evento e l’osservatore. Ricerche sulla storicità della conoscenza, Edizioni ETS, Pisa 2013. Il lavoro di Iacono ci colloca in una condizione mobile e dinamica che sfida la nostra prevalente propensione a rassicurarci nella forza dell’abitudine: noi conosciamo al punto di incontro tra noi e il mondo. La conoscenza è azione. Se siamo convinti, ad esempio, che il paesaggio sia solo uno sfondo delle nostre azioni, agiremo in modo diverso che se lo consideriamo lo spazio della nostra vita possibile. Iacono ci permette di accorgerci della “storicità della conoscenza”.

La conoscenza dipende dagli eventi mutevoli così come sono colti dallo sguardo contingente dell’osservatore che in quegli eventi vive o che quegli eventi osserva come parte del tutto. “Noi studiamo il mutamento perché siamo mutevoli”, sostiene Iacono, richiamando il proprio maestro Momigliano. Per questa ragione la conoscenza è storica: essendo noi mutevoli e, aggiungiamo pure finiti, la nostra conoscenza del mutamento non può mai essere definitiva. L’idea di complessità e il ruolo dell’osservatore si propongono, così, come due capisaldi del contributo di Iacono, accanto ad una profonda e opportuna analisi del tema dell’autonomia del soggetto consocente. Come sostiene Iacono dialogando con Primo Levi: “Ogni interpretazione rientra inevitabilmente in uno schema e ritaglia un mondo che non è complementare, né si completa con gli schemi e i mondi delle altre interpretazioni, che è irriducibile”.

L’autonomia e l’unicità irriducibili di ognuno e di ogni evento sono alla base della nostra necessità di semplificazione e delle deformazioni patologiche che la semplificazione può comportare, facendoci prigionieri di quegli schemi che noi stessi costruiamo e reifichiamo, più o meno consapevolmente. Dal gioco tra distanza e coinvolgimento deriva la responsabilità della posizione dell’osservatore, dei vincoli e delle possibilità di elaborare la complessità della conoscenza e di comprendere. “La complessità non implica l’ingiudicabilità”, scrive Iacono, “comporta il fatto che la storia deve essere usata non come un luogo della rassicurazione, ma come una strategia della comprensione”.
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